domenica 19 aprile 2015 0 commenti

Siamo tutti cartoni animati



                       


                  Siamo tutti cartoni animati

Una volta vidi un documentario dove spiegavano come nascevano i vecchi cartoni animati di Walt Disney nell’era pre-computer.
Era pazzesco; ogni piccolo movimento del soggetto in questione era composto da un disegno, per cui per far fare una corsetta a Paperino c’era uno stuolo di disegnatori che elaboravano centinaia, migliaia di disegni.
Ad occhio sembravano tutti uguali, ma in effetti uno era conseguenziale all’altro.
Te ne accorgevi quando montati e fatti scorrere velocemente con una macchina infernale formavano la scena.
Incredibile.
La quantità di lavoro che c’era dietro un cartone animato della durata di dieci minuti !!!
Ma noi da piccoli vedevamo solo il risultato finale, la messa in onda, e quando finiva il godimento eravamo tutti un po’ tristi perché avremmo voluto che non finisse mai.


Oggi nel salutare Sandro, io da verticale e lui purtroppo perpendicolare a me, ho ripensato a quel documentario, e mi sono passati davanti tutti velocemente alcuni dei disegni e le sequenze che abbiamo vissuto assieme.
Premetto che io non ero tra i suoi amici più intimi come si dice comunemente; ce n’è almeno una decina (tra musicisti, cantautori , tecnici, manager) a lui più vicini coi quali penso abbia veramente condiviso tutta la vita.
Almeno fino a ieri.
Perciò non ci frequentavamo molto, se non quando questo bellissimo, e qualche volta amaro mestiere ce lo permetteva.
Ma le volte che lo vedevo anche da lontano, la prima cosa che notavo era il suo sorriso.
Sincero.
Largo.
Poi le braccia addosso e qualche strapazzata fisica.
Forse questo suo buongiorno al mondo era dettato dal fatto che comunque la vita qualche conticino pesante glielo aveva presentato a più riprese.
Ma un po’ la sua riservatezza, un po’ la sua enorme voglia di vivere lo portavano sempre ad una positività.
Contagiosa.
Come quando mi disse che dopo tanti anni di fidanzamento (usò proprio questo termine) avevano deciso con Flaminia di sposarsi.
Sempre con lo stesso sorriso.
Sempre gentile, disponibile, educato.
E con la risata in tasca.
Non è da tutti.
Almeno questo ho percepito di lui.
Non credo di essermi sbagliato.

Oggi voglio ricordare qualche episodio vissuto assieme, soprattutto perché egoisticamente fa bene a me;
per stamparmelo bene dentro;
un uomo che non è più tra noi ma al tempo stesso sempre ci sarà.


Nel novembre del 2012 lo incontrai a Napoli in un programma televisivo che celebrava Lucio Dalla.
Lui era lì col suo pianoforte a supportare Antonello che cantava.
Io ero in orchestra diretta da Renato Serio.
Il brano era “ La notte dei miracoli“.
Un saggio dell’essenza di Dalla.
Imprevedibile, multiscenico, e un po’ insidioso da suonare.
Non tanto tecnicamente ma dal punto di vista umorale, della sensibilità musicale.
Rallentati, corone, cambi di tempo, di atmosfera.
Insomma quello che a Roma si definisce un C.p.i.c.
Beh appena ci siamo incontrati come dicevo, prima il sorriso e poi lui appresso.
Giusto due, tre cazzotti reciproci su sterno e spalle, che nel gergo dei musicisti significa “ti voglio bene“….
Senza mai pronunciare mai la frase però.
Peccato.
Poi la prima cosa che ha detto è stata:
“ …. Nun poi capì che macchina pazzesca è quella ( di Antonello) con cui siamo arrivati…. Che ripresa, che stabilità, che….. “,
e giù una serie di termini (per me ignorante totale di motori) incomprensibili.
“ Pensa Roma – Napoli ciavemo messo …. “
E disse una cosa enorme, se non ricordo male qualcosa in più di un’ora…
Io non stentai a crederci anche perché qualche anno prima in un concerto con Amii Stewart a Verona, con un monovolume Mercedes andata e ritorno non ci mettemmo più di mezz’ora!!!!
Ovviamente alla guida era lui.
E fu lì che mi preclusi la totale possibilità di una (anche se parziale) ricrescita di capelli. Fu quel viaggio.
Appena tornati scesi dalla macchina lo mandai affankulo (bonariamente… ma mica tanto)
Comunque tutti illesi.

Insomma tornando a Napoli dopo la breve ma intensa descrizione del viaggio Roma-Napoli provammo il pezzo tre, quattro volte.
Sandro era un po’ teso e alla fine delle prove mi disse:
“ Come è andata? Ho suonato bene?“
E lì da parte mia partirono un altro po’ di botte e risposi:
“ Uno come te non deve nemmeno pensare di dirle certe cose… C’è tanto di quel cuore e di quella passione che anche se ci fosse qualche imperfezione (e non c’era) viene condonata dal feeling (in effetti usai un altro termine molto simile agli attributi maschili) che ci metti“.
Si accese di nuovo quel sorriso… e quando disse:
“…Troppo buono lei…“  gli fratturai la spalla destra.
Dopo andò tutto bene.
Benissimo.
Alla fine delle prove gli chiesi se finita la diretta si fermavano a a Napoli, così avremmo potuto cenare assieme.
Risposta:
“…. Noooo, co’ ‘sta macchina dopo un quarto d’ora siamo al casello di Roma…“.

Un’ altro (ne avrei tanti ma non voglio rompere) è relativo al 1990.

Roma.
Studi Titania. (Oggi scomparsi).
Registrazione del cd di Mia Martini “La mia razza“ .
Sandro è l’arrangiatore del brano “Danza pagana“ di Mimmo Cavallo.
Anche questo brano apparteneva alla categoria C.p.i.c.
Contorto.
Soprattutto difficile era rendere fluido, scorrevole, il camminamento di un pezzo fondamentalmente orientaleggiante pieno di misure dispari.
Ma credo ci riuscimmo.
Grazie anche a Mimì.
Enorme.
Sandro si presento con dei foglietti con appunti sommari, e quasi in punta di piedi disse:
“…Che ve devo dì… fino a ieri stavo dalla parte vostra e oggi ve devo dì come dovete sonà? Fate voi….“
A quel tempo di botte non ce ne davamo molte….
Gli risposi: “ Sandro come lo vuoi? Hai un’idea?“
Lui si allontanò e tirò fuori da una borsa le parti e ce le distribuì quasi con timore.
No era solo rispetto.
“Io la vorrei così…“
E si mise al piano facendoci sentire l’andazzo.
Bello ma difficile.
Ma anche lì ce la facemmo.
Credo.
Quando Mimì a base ultimata gli fece i complimenti e lo abbracciò forte forte come solo Lei sapeva fare, Alessandro assunse i colori della porpora.
E dopo giù un sorriso spaccamondo e i ringraziamenti a noi per togliersi dall’imbarazzo dei personali complimenti ricevuti.


Grazie a te Sandro; grazie per aver avuto l’onore di conoscerti, per aver fatto ogni tanto un pezzo di strada assieme ognuno portando le proprie valigie; 
e per avermi dato.
Cosa non te lo saprò mai dire a parole, ma so che ho ricevuto.
Ed è stato un bel camminare.

Forse  sembrerà fuori luogo, ma grazie anche per averci fatto piangere oggi; non erano solo lacrime di tristezza ma anche di amore, di gratitudine.
Ora non so dove sei o sarai, ma stai sicuro che nel nostro cuore avrai sempre una suite superior e a disposizione una macchina super veloce per andare. Forte.
Ciao
Maurizio Galli (quello che sviene).


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