domenica 30 settembre 2012 0 commenti

Non tutti hanno capito

sabato 29 settembre 2012 0 commenti

Occorre guardare dentro le cose anche senza capire


                                                                                                                                  Vesciche perfide esempio 1

Ci sono delle insidie nel nostro quotidiano che ci accompagnano; a volte somigliano a dei luoghi comuni, a volte puzzano di retorica, ma ci sono ed il solo prenderne atto è già un fatto positivo.
Non ci si può difendere da esse, ma ci si può convivere.

A tutti più o meno è capitato di stressarsi per trovare un parcheggio con la propria auto specialmente se si vive in una città grande.
Si praticano giri viziosissimi pur di trovarlo.
Dapprima lo si cerca proprio in prossimità del luogo dove siamo diretti, poi dopo un po’ di giri senza esito si comincia umilmente ad abbassare le pretese e ci si discosta un po’ dall’obbiettivo fino ad arrivarne talmente distante che diventa un po’ inutile essere andati fin lì con la macchina; allora si sterza in tutti i sensi e si reindossa la prima stesura, cioè ci si riavvicina di moltissimo al posto deputato come sperando che il tempo intercorso abbia cambiato le modalità del traffico, quasi intenerito l’umanità da tanta nostra caparbietà, al limite del fare pena.
Finalmente eccolo! 
Eccolooo!!
C’è uno in piedi che armeggia nelle proprie tasche come se cercasse delle chiavi; ... eccole le ha trovate e si accinge ad aprire l’auto.
A quel punto vi avvicinate lentamente all'obiettivo e le tecniche sono due:
una, quella più volgare ma più efficace, consiste nel fissare dritto negli occhi l’individuo (o se non vi sta guardando attirare la sua attenzione con un colpetto di clacson, ma leggero leggero) e con una faccia ebete dire a voce alta “ ..che sta andando via?...“ (alzando di riflesso le sopracciglia e inclinando un po’ la testa).
Quello può capire il senso della frase vista la situazione, ma come sperare che senta se siete blindati nella vostra auto coi vetri tirati sù e la musica appalla?
Potreste anche fare un playback (senza emissione di suoni) sarebbe lo stesso, ma comunque sono dettagli.
Lui, l’essere fortunato e possessore a quel punto dispone di un potere assoluto su di voi ed ha lui due opportunità.
Una quella di sorridervi, (a volte anche comprendendo lo stato di estrema necessità allargare le braccia con faccia semidispiaciuta), e rispondere, ma questa volta senza suono direttamente in playback “… Nooo ho dimenticato il telefonino (chiavi / fazzoletti di carta / documenti ecc.)“ , muovendo l’indice verso il basso o orizzontale in direzione del nulla, non si sa perché; 
l’altra quella di dire sì lentamente con la testa ma con la faccia esageratamente seria (…non ti chiedo la buonuscita perchè sono un signore..) e salire in macchina quasi infastidito da tanta sfrontatezza.
Da notare che nel primo caso, dopo avervi freddato con quel “ Nooo…“ in playback, ai più attenti non sfuggirà il perfido sorrisetto stampato (mentre infila la chiave o fa scattare l’apertura a comando), che sta eloquentemente a significare, 
“… la fai facile tu. Non sai quanto dovrai penare…. Comunque ti auguro buona fortuna…“.
Ma tornando al secondo caso, ora mentre sospirate imprecando e compiacendovi al tempo stesso, vi sentite in una botte di ferro.
Installate subito le quattro frecce (inutili e arroganti), e vi appiattite in prossimità del bersaglio (come facevano gli Apache sulle colline mentre sotto sfilava l’uomo bianco).
I più educati lasciano una distanza tale affinchè il partente trovi agio nell’uscire dall’angusto spazio.
E qui inizia quello che non si augura a nessuno.
L’attesa.
Sicuro e quasi allegro non vi accorgete che il motore del lasciante è ancora spento e che non accenna al contrario.
Comincia sottopelle a subentrare in voi un piccolo disagio. 
“ Perché visto che mi ha detto che va via non lo fa? Che aspetta? Ci avrà ripensato? Che può essere accaduto in così poco tempo da fargli cambiare idea?“
Attimi terrificanti per la paura di perdere il già acquisito.
Il già nostro.
Ma improvvisamente ecco le luci della retromarcia vivere, infonderci di nuovo una speranza.
“Se le ha messe vuol dire che è di parola, che sta andando…“
Ma anche lì il tempo che intercorre dall’innesto della retromarcia al primo micromovimento della vettura è non misurabile con strumenti umani.
Finalmente dopo svariate manovre atte a non deturpare la corrozzeria il lasciante va.... per sempre!
E’ a quel punto che si materializza la dualità che contraddistingue il nostro vivere attuale.
Benedizioni e maledizioni si alternano in egual misura e con identica scansione; soddisfazione per l’esito positivo della ricerca ma al tempo stesso delusione per il tempo perso rivestono la nostra cute; allegria e tristezza si dividono in maniera simmetrica il nostro cuore.
Solo allora senza paura di essere smentiti da alcuno, potremo affermare con oggettività che tutto sommato l’automobile è una gran comodità.

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11 febbraio 2012 diversità



giovedì 27 settembre 2012 0 commenti

Quando non va sempre come vorresti


LA GATTINA FRETTOLOSA DELLA GATTA CIECA

Angela era convinta che Barbara se la facesse con il ragazzetto del secondo piano, quello taciturno che usciva poco e ascoltava la musica a tutto volume. E cosi' per scoraggiare questa secondo lei insana e comunque prematura passione, punì Barbara con tre settimane di segregazione e senza spiegazione.
Tranne naturalmente la scuola, ma quello non era un problema perché lavorando come bidella all’ istituto elementare lì vicino, aveva la situazione sotto controllo.
Uscivano e rientravano assieme perché gli orari più o meno combaciavano.
Era giunta a questa conclusione, perché ogni volta che sua figlia usciva, lei andava alla finestra per accompagnarla con l'ennesimo sorriso e un veloce cenno della mano.
Ma non la vedeva mai uscire dal portone: bambini, biciclette, signorine, palloni, anziani, ma Barbarella no.
E allora andava stroncato immediatamente questo pericoloso legame. A quindici anni poi.
La verità, sempre un po' beffarda in questi casi, era racchiusa nello spazio di quattro piani.
Il quarto per cambiarsi d'abito riposto nello zainetto.
Il terzo per il fondotinta e un po' di gel.
Il secondo (sempre se la mamma del ragazzetto taciturno aveva lucidato bene la targa della porta) per ombretto, mascara, matite varie, insomma tutto ciò che avrebbe esagerato i suoi affamati occhi neri.
Il primo era immancabilmente dedicato al cambio delle scarpe.
Tre quattro salti e poi via, fuori, a galoppare i suoi quindici anni.
Ma Angela evidentemente nonostante la conoscesse bene bene, non avrebbe mai immaginato che sotto quei travestimenti post punk – rock – funk di andirivieni condominiale si celasse la sua Barbarella.
E la voce del sangue ? Mah….
Lei e la piccola erano state accantonate sei anni prima da un ex tutto.
Ex marito, ex padre, e soprattutto ex uomo; il dissolvimento era consumato nello spazio di una notte e da allora lui era evaporato non manifestandosi nemmeno tramite assegno.
Con quella grande dignità, che in questi casi distingue bene le persone abituate a rimboccarsi le maniche da quelle che sanno solo piangere, Angela da allora era stata tutto il resto oltre che madre. Come non lodare una donna così?
Ancora giovane aveva cancellato dalla sua mente ogni possibilità di nuovo legame, ed anche fisicamente si era formata un po' di ruggine attorno ai suoi sensi mortificati.
Erano sei anni sicuro che non toccava un uomo e che un uomo non la toccava; erano sei anni che non si concedeva un'uscita serale, magari solo per una pizza con un’amica.
Ma a volte anche le amiche possono essere un lusso, e poi avrebbe dovuto lasciare anche solo per qualche ora Barbara.
E da allora la tivvù ... ebbasta.
La sua vita veniva dopo quella di Barbara; istruzione, scarpe, vestiti, svaghi e un po' di vacanze, erano i frangiflutti sui quali si abbattevano senza rimpianti i suoi legittimi desideri di donna.
Era un po' appassita, logico, ma navigava però ancora in un mare possibile.
Sarebbe bastato poco per rassodare anche il suo amor proprio; qualcuno che la desiderasse come donna ed accettasse la sua condizione.
Ma al solo avanzare di simili pensieri, la mente di Angela si chiudeva a più mandate.
Purtroppo però, comportandosi così, stava facendo ripercorrere a Barbara le stesse strade camminate da lei quando aveva poco più della sua età.
S'era sposata a 18 anni, quasi per comprarsi quella libertà negata dai genitori, e dal comportamento dei fratelli. E così senza nessuna esperienza precedente non si era accorta che questa fuga verso l'autonomia, remando non senza sforzi su quella barca che lei credeva amore, assomigliava molto al trasferimento dei detenuti.
Da un carcere all'altro.
Il secondo però celava grandi insidie nascoste bene, che lei non poteva prevedere.
Seduta in cucina, accanto ad un tè ormai avvilito, stava visitando tutti quei ricordi, quando fu vestita da una tale agitazione, quasi terrore, che la portò di corsa a spalancare di colpo la porta della stanza di Barbara.
Distesa sul letto; pancia in giù, cuscino umido e il suo cantautore preferito che strillava malamente.
Barbara inutile, Barbara perché, Barbara incompresa e talmente giù che oltre a lei s'era assopita pure la rabbia.
Angela si avvicinò al letto, scosse Barbara e se la tirò con forza sconosciuta al petto.
Quasi volesse rimetterla nella pancia.
Poi con quella grande dignità, che in questi casi distingue bene le persone abituate a rimboccarsi le maniche da quelle che sanno solo piangere, le chiese scusa.
martedì 25 settembre 2012 0 commenti

Gli spermatozoi della pop music (scusate l'etichetta)

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Odore di ragù il sabatosera davanti alla tv biancoenero

MARASMA

Tutti i soprannomi, i nomignoli appioppati alle persone hanno in comune almeno tre proprietà.
La prima è che sono una sintesi abbastanza fedele del carattere della persona a cui è stato affibiato; la seconda, che con ogni probabilità questa nuova identità uno se la porta dietro tutta la vita; la terza, la più misteriosa, è che non si sa da chi, dove e soprattutto quando è stata coniata questa nuova pelle anagrafica.
Nel caso di Marcello era tutto abbastanza chiaro; l'unico dubbio riguardava la paternità dell'affibbiazione. Gli amici o la famiglia ?
Il perché di "Marasma" era lampante, ed aveva una doppia valenza..
Da sempre era stato un bambino terremoto, sia in casa che fuori e qualche libero pensatore aveva impastato il suo nome con la malattia che era nata con lui.
"Asmatico" era il marchio, e a poco o nulla erano valse tutte le cure alle quali era stato sottoposto.
Un'asma maligna, subdola, prefazione ed appendice delle giornate di Marcello.
Anche all'oratorio, per il prete che l'aveva visto nascere e per i compagni era "Marasma". E giocava all'ala destra come quei meravigliosi funamboli brasiliani coi nomi esotici, quelli delle figurine, tutto estro e fantasia, geniali ma incostanti, che alternano grandi prove di puro talento a enormi pause; assenze dal gioco e dalla vita.
E Marasma incarnava perfettamente questi suoi illustri predecessori.
Anche lui si concedeva pause improvvise, nella e dalla vita quotidiana. E in questi stop, in questi buchi neri del suo vivere, si rifugiava nella sua tana, nel suo "io" fatto di cartone.
Un vecchio imballo di un frigorifero buono, di quelli seri, che aveva raccattato fuori dal portone e aveva sistemato in uno spazio di nessuno.
Uno stretto camminatoio che c’era fra due palazzi confinanti ma che non combaciavano, come se il costruttore avesse volutamente lasciato quell'intercapedine ad uso del mondo, dei rifugiati, che loro malgrado diventavano così companatico tra due enormi fette di cemento armato.
Ci stava bene Marasma nel suo rifugio; si accomodava dentro l'imballo, apriva le danze della fantasia e dalla faccia mancante del cartone guardava il mondo.
Guardava e ogni tanto tossiva secco.
Pensava alla madre sempre di corsa, sempre un po' preoccupata.
Gli sembrava quantomeno strano come da quelle stesse mani fuoriuscissero tremende sberle, magari per una scarpa rotta, e dolcissime carezze quando lui era sul punto di addormentarsi.
E poi gli occhi della mamma grandi e velati, quando dopo pranzo Marasma faceva i compiti sul tavolo di cucina, un po' asciugavano i piatti e un po' lo penetravano di baci.
E poi la sua testa correva al padre, che da un anno disoccupato si sbatteva per trovare uno straccio di lavoro. E fumava. Tanto.
Gli voleva bene a suo padre, e sarebbe stato disposto a prendere qualsiasi medicina per crescere velocemente tanto da poterlo aiutare.
E la tosse aumentava quando gli veniva in mente quel che aveva sentito al telegiornale; un personaggio famoso della tivvu’, che licenziato pure lui, aveva fatto causa al padrone e in un mesetto aveva risolto tutto portando a casa tanti di quei soldi che avrebbe potuto comprare il palazzo che non combaciava e tutti gli imballi del mondo.
Anzi, tutti i frigoriferi del mondo.
Pure suo padre aveva fatto causa al padrone, ma in un annetto aveva portato a casa solo le lettere di sollecito dell'avvocato che chiedeva sempre altri soldi. Per le spese, si sa.
E pensava a Don Sergio, che tra una partita e l'altra all’oratorio trovava il tempo per educarli alla pace, alla fratellanza, all'altruismo.
E poi sorrideva ad Antonio, suo fratello, che era militare e tornava di rado, un po' per la distanza, un po' perché tornare per un paio di giorni era come passare davanti a una pasticceria senza poter entrare diceva Antonio.
Almeno lì nella grande città poteva andare in discoteca e divertirsi, pensava Marasma.
E gli venivano in mente gli amici dell'oratorio che giocavano meno bene di lui, ma che erano meno incostanti e soprattutto non tossivano.
E Don Sergio sempre lì a ricordare che l'uomo ha dei diritti ma anche dei doveri, e che la dignità, l'onestà e il rispetto per il prossimo, sono le fondamenta sulle quali poggia l’esistenza di ogni essere umano.
Solo che la testa di Marasma era troppo piccola per contenere tutti quei pensieri così grandi; ecco perché a volte diventava "cattivo".
Tra la tosse, i pensieri e i genitori che non potevano comprargli le scarpe da gioco nuove, s'innervosiva, si sentiva schiacciato come se i due palazzi confinanti stufi della loro anomalia, decisi a rientrare in una sacrosanta buona norma, si baciassero lentamente ed ingoiassero lui e il suo rifugio.
Ce l'aveva un po' anche con Don Sergio; tutte quelle belle parole pensava, valevano solo dentro le mura dell'oratorio.
Fuori era esattamente il contrario.
E allora diventava tutto inutile. Era una presa in giro.
O gli insegnamenti di Don Sergio valevano per tutti anche fuori, o il personaggio famoso della tivvù doveva restituire i soldi e magari andare all'oratorio pure lui .
Sì, perché Marcello dentro quelle quattro mura che recintavano il campetto e il cielo, si sentiva sicuro, come nel rifugio.
Era quando usciva da lì che non si ritrovava, che camminava rasomuro.
E allora siccome il padre votava per i comunisti e all'oratorio non ci sarebbe entrato mai, avrebbe voluto portare tutti nel suo imballo; la madre il padre, il fratello, Don Sergio e tutti gli amici. Forse anche il personaggio famoso della tivvù.
Forse.
Tutti insieme a guardare il mondo da lì, dal cartone con la faccia mancante.
Così, anche la tosse sarebbe stata meno fastidiosa.
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Nudità

Premessa :
essere un musicista, cosa significa per te?

Un previlegio, fortemente voluto, con molta incoscienza dentro.
Come/perchè sei arrivato a fare il musicista?
Non sono arrivato… è stata una conseguenza naturale della mia vita adolescenziale. Pur frequentando una scuola “normale“ oltre il conservatorio, non sono mai stato sfiorato dall’idea di poter fare altro nella vita.
Con un po’ di apprensione dei miei, è normale….
Ma non avrei potuto desiderare dei genitori migliori in questo senso e non solo… pur non incoraggiandomi
particolarmente hanno avuto il grande coraggio di non ostacolarmi mai…
Insomma la famosa storia della bicicletta e del pedalare…
Sono stati eccezionali….ma eravamo nel 1970….forse era tutto più facile, o forse no.
Nella tua vita (in generale), a cosa non rinunceresti mai?
Alla dignità e alla libertà
Se non fossi un musicista, saresti...
Mi piacerebbe un falegname, uno scrittore o un produttore di gelati. Buoni.
Una vita da musicista (tra tour, spostamenti, precarietà,
studi di registrazione.. ecc...) 

Cosa ti ha tolto e ti toglie ogni giorno e cosa ti ha dato in più (che è un po' come dire... limiti e vantaggi di essere musicista)?
Personalmente pochi e sopportabili disagi visto che la passione coincide con il lavoro. Della serie "...ci pagano pure..." ( ma non ditelo ai produttori, ai manager, alle televisioni). Certo che qualcosa toglie alle persone che ti stanno accanto, alla tua famiglia quando c’è, ma dovrebbero essere loro a dirlo.
Forse meglio evitare di chiedere….
I colleghi :
D'istinto... una o più parole per definire (ammessi e
concessi critiche, ironie, battute e... luoghi comuni):
un chitarrista:

Io sono, io sono, io sono……
un bassista:
Dovrebbe essere il "badante" degli altri, per sua natura e per la natura dello strumento stesso… oggi purtroppo anche lui avrebbe bisogno di un badante…
un percussionista:
se c’è posto vengo anch’io..
un tastierista-pianista:
a volte crede di bastarsi da solo… a volte, se continua a pensarla così, finisce in un bar… ma non a bere.
un batterista:
il miglior amico dei musicisti
La dimensione che più ti appartiene: tour o studio
di registrazione?
sono complementari e non saprei scegliere; bisognerebbe sempre travasare l’energia del live in studio
e l’attenzione della session in studio su un palco.
in breve, qual è la tua giornata-tipo durante le tappe di un tour? Ovvero: stasera c'è il concerto, ti alzi al
mattino e... (m'interessa tutto ciò che non è prettamente
musicale, quindi al di là di sound check, prove... ecc...)
La conoscenza del luogo x me è fondamentale, per cui uscire dall’albergo e camminare il più possibile. Ascoltare il suono delle parole degli indigeni e guardare quello che c’è intorno…non a tutti è dato di vivere così velocemente.
Prendiamocelo.
Riti e rituali pre-post concerto: cosa fai poco prima di salire sul palco? E appena sceso?
Poco prima penso che devo salire sul palco. Appena sceso penso che sono sceso.
Cosa accade-cosa fai solitamente la sera, dopo il
concerto (nel post-serata)?

Anticamente a cena e nel dopocena, (quando c’era) poteva
accadere di tutto. O il contrario. Ora non vado a cena e non accade nulla.
Ma non è detto che sia peggiore di prima.
Come trascorri i giorni off del tour (al di là del viaggio)?
Se sono in una località di mare è scontato. Se è inverno, e sono o non sono in una località di mare, cerco di conoscere il posto in cui mi trovo; oppure riposo se sono stanco facendomi seppellire da inutili programmi televisivi.
Ricordo sempre con piacere 2 o 3 giorni off della mia vita.
Il primo in sicilia a non fare letteralmente un cazzo x 24 ore,
Solo mare mare e mare.
Gli altri 2, uno a torino a visitare il museo egizio e l’altro a Firenze agli Uffizi.
Fantastici come quello in sicilia.

Qual è il tuo stato d'animo di rientro a casa, dopo 1/2
settimane/mesi di tour?
Di che cosa ti occupi tra un tour e l'altro?
Il rientro a casa è sempre bello (a patto che ci sia in casa una situazione serena). Quelli meno fortunati prendono il tour letteralmente come una fuga dai problemi. Ma prima o poi devono rientrare… x cui….
Tra un tour e l’altro cerco di mettere a posto tutte le cose, anche le più futili, delle quali non è stato materialmente possibile occuparmi. E cerco anche nei limiti del possibile di pianificare il dopo… ma i limiti del possibile sono ristrettissimi.
Musica e affini che musica ascolti/ti piace? (puoi elencare nomi di gruppi o pezzi specifici, alcuni dei quali entreranno nella colonna sonora “virtuale” del libro)
La musica per me è come quegli uffici con un grande ambiente unico, dove si svolge tutto lì. Qualche volta c’è bisogno di dividerli in stanze separate ma solo x un fatto organizzativo. Sarebbe meglio comunque non esistessero i muri. A volte questi vengono eretti dai musicisti stessi o da persone che gravitano intorno alla musica, non si sa bene con quale titolo, ma credo lo facciano solo x insicurezza personale. MI piace pensare alla musica come mare aperto. 
Più profondo, meno, increspato, calmo, freddo, caldo, ma
sempre mare è. Senza cartellini col prezzo e le indicazioni per il lavaggio.
Per cui non mi va di fare elenchi.
Domani potrebbero cambiare.
Quante/i (chitarre,bassi ecc...) Hai?
Quattro, più un contrabbasso.
Che rapporto hai con il tuo strumento?
Io sono ben disposto verso di lui.
Bisognerebbe chiedere a lui come si trova con me. Comunque vadano le cose, comando io. Sennò non si chiamerebbe strumento. Un ottimo musicista si arrangia anche con un pessimo strumento. Il contrario deve ancora accadere.
Che effetto ti fa ascoltare per radio un pezzo
"suonato" da te?

E' sempre piacevole. E’ il risultato finale di un lavoro comunque portato a termine. Meglio però non indugiare nell’intimo autocompiacimento. Sarebbe pericoloso per i tuoi equilibri interni.
Se potessi scegliere, il tuo sogno sarebbe poter suonare per/con...
Aretha Franklin, Michel Camilo.
Quale complimento ti piacerebbe ricevere? Come
Musicista? E come uomo?

Come musicista: "Suonare con te è facile..."
Come uomo: "Mmh…credevo peggio…"
Suonare per o essere il bassista di ... è un po' come
essere "strumentali" al progetto di una terza persona... Quanto è gratificante? Quanto è limitante? Qual è il tuo spazio di libertà/improvvisazione/espressione?

Essere il bassista di… per me è stato sempre un fatto temporaneo. Non mi sono mai fermato a lungo con un
artista. O forse lui non si è voluto soffermare a lungo con me.
Siamo scelti per partecipare ad un determinato progetto che ha un inizio e avrà una fine.
E' fondamentale essere consapevoli di ciò. Ed è super
fondamentale non ritenersi mai "titolari" a prescindere… tutto può cambiare velocemente e bisogna sempre farsi trovare con le valigie fisiche e mentali pronte… pur lasciandosi coinvolgere emotivamente, perchè l’essere
"attori" di quel film è fondamentale per la riuscita del film stesso, puo’ essere dannoso "innamorasi" troppo;
si perde in lucidità, obiettività, autoironia.
Nessuno è indispensabile, anche se a volte c’è qualcuno che è più "muro maestro" di altri. L'unica esperienza che avrei voluto volentieri protrarre nel tempo è stata quella con Mia Martini.
Nel mio cuore e nelle mie dita ora c'è un buco che non sarà più riempito, sia umanamente che musicalmente.
Per suo merito. Ed è giusto così.
Ma fortunatamente c’è ancora la memoria a confortarci anche se non basta. E ti incazzi. Per quanto riguarda lo spazio di libertà musicale, di improvvisazione e d’espressione, devo dire che me lo sono sempre preso senza chiedere nulla, ovviamente nel rispetto della scrittura e del mondo musicale nel quale ero coinvolto.
Finora nessuno si è mai lamentato.
Finora.
Vita privata. Spostamenti, viaggi, tour ecc.. Quanto condizionano e hanno condizionato la tua vita privata?
Un po’ ovviamente. Ci si ritrova a non essere "presenti" quando tutto il mondo lo è, e a godere di una grande disponibiltà "fisicamente tangibile" quando tutto il mondo si affanna. Si vive contromano, ma fa parte del gioco. Le regole erano chiare e le abbiamo accettate dall’inizio.
C’è chi getta la spugna, si stanca a vivere così, e allora prende altre strade meno sconnesse. Anche quella una scelta da rispettare. Fortunatamente dipende ancora non so per quanto, solo da noi.
La parola musicista spesso è legata/collegata a una triade quasi scontata "sesso-droga-rock 'n roll"... In cosa ti riconosci? Cosa ti appartiene? In che misura?
Premesso che ho immaginato l’ultimo istante della mia vita
pisciando in un cesso di un autogrill in attesa di riprendere il viaggio in direzione di…, per l’ennesimo concerto, devo dire che alla retorica triade "sesso-droga-rock 'n roll" vengono sottratti degli elementi in maniera direttamente proporzionale al passare degli anni.
Parti con tutte e tre e poi ti ritrovi solo con " 'n ".
Ovviamente è una esaperazione, ma credo che il vero significato, semmai ce ne fosse uno, di "sessodroga-rock 'n roll", sia in un abito mentale da indossare, più che nel reale valore dei termini usati. Per me significa essere sempre
pronti ad accettare tutto e a battagliare per il contrario di
tutto.
E’ bello anche lasciarsi andare, ma con un occhio solo.
L’altro deve badare alle insidie. E di queste ce n’è sempre abbastanza.
La bugia che dici-hai detto di più (magari anche in
questa intervista)? :-)!

Quella piu’ evidente è che io non dico mai bugie.
Per finire. Qual è la domanda che avresti sempre voluto che ti fosse fatta?
"Ne è valsa la pena?"
Qual è la cosa del tuo essere musicista che nessuno (collega, fan, pubblico...) potrebbe mai immaginare?!
La tristezza.
Racconta (anche in pochissime parole o in un’unica
parola) …un sogno:

Vedere tanta gente contenta.
…una passione:
Adoperarmi seppur nella mia infinita piccolezza per far sì che questo accada.
…un difetto:
Sono uno stronzo…ma ci sto lavorando...
…un ricordo:
Quando sono nate le mie due figlie stavo suonando fino a un secondo prima. Mi hanno avvertito, e un secondo dopo ero
fuori (in tutti i sensi...) Il fatto che questo sia accaduto a vent’anni di distanza tra l’una e l’altra mi fa ben sperare. Perchè?
Boh…
…paura di…
Non essere ricordato, quando sarà, con un sorriso.
 

(intervista di Letizia Cherubino)
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Addio


Grazie per l'emozione. Ciao
domenica 23 settembre 2012 0 commenti

Testo coraggioso musica bellissima




Goodnight, my angel
Time to close your eyes
And save these questions for another day
I think I know what you've been asking me
I think you know what I've been trying to say
I promised I would never leave you
And you should always know
Wherever you may go
No matter where you are
I never will be far away

Goodnight, my angel
Now it's time to sleep
And still so many things I want to say
Remember all the songs you sang for me
WHen we went sailing on an emerald bay
ANd like a boat out on the ocean
I'm rocking you to sleep
THe water's dark
And deep inside this ancient heart
You'll always be a part of me

Goodnight, my angel
Now it's time to dream
And dream how wonderful your life will be
Someday your child may cry
And if you sing this lullabye
Then in your heart
There will always be a part of me

Someday we'll all be gone
But lullabyes go on and on
They never die
That's how you
And I
Will be


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L'onestà dei disonesti

Ammetterò sempre i miei errori grandi e piccoli. 
Sarò sempre pronto a pagarne le conseguenze onestamente e razionalmente.
Sempre pronto a discuterne, a sviscerare il perché di certe azioni o comportamenti e a rimettermi in gioco se mi viene consentito. 
Sempre.
Ma non sarò mai disposto a sudditanze nei confronti delle persone a cui posso aver recato il male, o peggio a dover arrancare psicologicamente per recuperare qualcosa di cui mi sono già pentito e ne faccio bella mostra senza pudori o remore.
Non vorrò mai essere quello che comanda, ma nemmeno il comandato.
E soprattutto non mi sta affatto bene essere, (per un eccesso di onestà al limite dell'autolesionismo) quello che si apre totalmente quando l'altra parte (il danneggiato) lo fa parzialmente o attua un tentativo di autoassoluzione anche inconsapevole, in nome del fatto che la scorrettezza che io ho arrecato a lui è più grande di quella fatta a me.
Non sarò mai accondiscendente a simili storture.
Per credo.
Ad ogni costo.
Questo volevo dire.
E l'ho detto.
Buonanotte.

sabato 22 settembre 2012 0 commenti

Eat Parade


       Il pranzo dei deputati?
 Metà lo paga la Camera

Un "regalo" che costa 3,5 milioni all'anno. I questori: non ce lo possiamo più permettere. Ma si cambierà solo nel 201. Montecitorio vara il bilancio preventivo: nel 2013-2015 risparmio di 50 milioni
di CARMELO LOPAPA

                      Il ristorante dei deputati 

Il pranzo è servito. E pagato. Almeno per metà prezzo lo offriranno, ancora per un bel po', le casse della Camera. Venti euro per un pasto completo a carico del deputato, altri 18 euro li integra l'amministrazione di Montecitorio attingendo al capitolo "ristorazione". Un andazzo non sostenibile, alla luce del giro di vite imposto al bilancio che sarà approvato il primo ottobre.
Ne prendono atto i questori del Palazzo che in questi giorni hanno approvato la deliberazione con cui si cambia registro. O meglio, si impegnano a cambiarlo. Ma dal 2014.
Il provvedimento avvia le procedure per l'affidamento in concessione del servizio di self service che dovrà prendere il posto dell'attuale, costoso (non per gli onorevoli e i giornalisti che lo frequentano) ristorante. Ma la procedura è lunga. Perché la burocrazia, anche quella parlamentare, necessita dei suoi tempi. Il nuovo regime entrerà in vigore nel 2014, quando si stima "un risparmio annuo di 2,5 milioni di euro", si legge nella deliberazione del collegio dei questori del 12 settembre. "Il sistema di compartecipazione al prezzo del pasto sarà rivisto - continua il provvedimento - prevedendo in ogni caso, per i deputati, che il pagamento delle consumazioni presso il self service sia a totale carico degli stessi". Ma è un avviso a futura memoria, gli attuali parlamentari potranno dormire (e mangiare) tranquilli. Il fatto è che la "compartecipazione" al pasto costa davvero tanto, troppo, per tempi di magra.
A scorrere il bilancio interno che la settimana prossima sarà approvato dall'Ufficio di presidenza e di cui Repubblica è venuta in possesso, si scopre infatti che in questo 2012 la Camera prevede di incassare dalla ristorazione più o meno quanto l'anno scorso, ovvero 1 milione 130 mila euro. Ma spenderà 4 milioni 545 mila (uno in meno rispetto al 2011): vuol dire che occorreranno tre milioni e mezzo per integrare i pasti e garantire comunque l'alto standard della ristorazione a prezzi "pop". Risotto alla pescatora e salmone con patate lesse e bevanda a 20 euro, stesso prezzo per un filetto, un contorno e una frutta, 5 euro una pasta con vongole e bottarga, per fare qualche esempio.
Ristorazione a parte, il bilancio di previsione 2012 della Camera - messo solo adesso nero su bianco per adeguarlo alla spending review montiana - è all'insegna del lacrime e sangue. Cinquanta milioni di euro l'anno di risparmi per il 2013-14-15. Tutto connotato dal segno meno? Quasi. Dimezzati dal 2013 i contributi in favore del Circolo Montecitorio, frequentato sul Lungotevere da deputati (pochi) e dipendenti e funzionari (molti), e quelli per la Fondazione della Camera, guidata per cinque anni dall'ex presidente. Pro tempore da Bertinotti, dal prossimo anno da Fini. I bilanci della Fondazione saranno inviati in virtù del nuovo statuto alla Corte dei conti. Detto questo, resta invariato il capitolo "rimborso spese di viaggi ai deputati": 8,5 milioni di euro nel 2012. E quello destinato ai viaggi degli ex deputati (anche loro con benefit): 800 mila euro. Uguale allo scorso anno l'esborso per la manutenzione ordinaria degli edifici della Camera (13,8 milioni di euro) e per la telefonia mobile ad appannaggio di onorevoli e funzionari (550 mila euro l'anno). Stesso discorso per la buvette: anche nel 2012 costerà 540 mila euro. In calo minimo dopo anni i "servizi di pulizia" 6 milioni 930 mila euro (anziché i 7 milioni), la lavanderia di palazzo con 60 mila euro (anziché i 70 mila). Si dimezza la spesa per l'acquisto di giornali e periodici, che passa da 590 mila a 300 mila euro. Quasi centomila euro in meno per carta e cancelleria dopo le polemiche dei mesi scorsi (920 mila euro).
È stato invece raggiunto a Montecitorio ieri mattina, dopo settimane di braccio di ferro, un accordo con i sindacati dei dipendenti con cui passano i tagli da 13,2 milioni l'anno a carico del personale. 
(21 settembre 2012)
© RIPRODUZIONE RISERVATA                  La Repubblica

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