sabato 29 settembre 2012

Occorre guardare dentro le cose anche senza capire


                                                                                                                                  Vesciche perfide esempio 1

Ci sono delle insidie nel nostro quotidiano che ci accompagnano; a volte somigliano a dei luoghi comuni, a volte puzzano di retorica, ma ci sono ed il solo prenderne atto è già un fatto positivo.
Non ci si può difendere da esse, ma ci si può convivere.

A tutti più o meno è capitato di stressarsi per trovare un parcheggio con la propria auto specialmente se si vive in una città grande.
Si praticano giri viziosissimi pur di trovarlo.
Dapprima lo si cerca proprio in prossimità del luogo dove siamo diretti, poi dopo un po’ di giri senza esito si comincia umilmente ad abbassare le pretese e ci si discosta un po’ dall’obbiettivo fino ad arrivarne talmente distante che diventa un po’ inutile essere andati fin lì con la macchina; allora si sterza in tutti i sensi e si reindossa la prima stesura, cioè ci si riavvicina di moltissimo al posto deputato come sperando che il tempo intercorso abbia cambiato le modalità del traffico, quasi intenerito l’umanità da tanta nostra caparbietà, al limite del fare pena.
Finalmente eccolo! 
Eccolooo!!
C’è uno in piedi che armeggia nelle proprie tasche come se cercasse delle chiavi; ... eccole le ha trovate e si accinge ad aprire l’auto.
A quel punto vi avvicinate lentamente all'obiettivo e le tecniche sono due:
una, quella più volgare ma più efficace, consiste nel fissare dritto negli occhi l’individuo (o se non vi sta guardando attirare la sua attenzione con un colpetto di clacson, ma leggero leggero) e con una faccia ebete dire a voce alta “ ..che sta andando via?...“ (alzando di riflesso le sopracciglia e inclinando un po’ la testa).
Quello può capire il senso della frase vista la situazione, ma come sperare che senta se siete blindati nella vostra auto coi vetri tirati sù e la musica appalla?
Potreste anche fare un playback (senza emissione di suoni) sarebbe lo stesso, ma comunque sono dettagli.
Lui, l’essere fortunato e possessore a quel punto dispone di un potere assoluto su di voi ed ha lui due opportunità.
Una quella di sorridervi, (a volte anche comprendendo lo stato di estrema necessità allargare le braccia con faccia semidispiaciuta), e rispondere, ma questa volta senza suono direttamente in playback “… Nooo ho dimenticato il telefonino (chiavi / fazzoletti di carta / documenti ecc.)“ , muovendo l’indice verso il basso o orizzontale in direzione del nulla, non si sa perché; 
l’altra quella di dire sì lentamente con la testa ma con la faccia esageratamente seria (…non ti chiedo la buonuscita perchè sono un signore..) e salire in macchina quasi infastidito da tanta sfrontatezza.
Da notare che nel primo caso, dopo avervi freddato con quel “ Nooo…“ in playback, ai più attenti non sfuggirà il perfido sorrisetto stampato (mentre infila la chiave o fa scattare l’apertura a comando), che sta eloquentemente a significare, 
“… la fai facile tu. Non sai quanto dovrai penare…. Comunque ti auguro buona fortuna…“.
Ma tornando al secondo caso, ora mentre sospirate imprecando e compiacendovi al tempo stesso, vi sentite in una botte di ferro.
Installate subito le quattro frecce (inutili e arroganti), e vi appiattite in prossimità del bersaglio (come facevano gli Apache sulle colline mentre sotto sfilava l’uomo bianco).
I più educati lasciano una distanza tale affinchè il partente trovi agio nell’uscire dall’angusto spazio.
E qui inizia quello che non si augura a nessuno.
L’attesa.
Sicuro e quasi allegro non vi accorgete che il motore del lasciante è ancora spento e che non accenna al contrario.
Comincia sottopelle a subentrare in voi un piccolo disagio. 
“ Perché visto che mi ha detto che va via non lo fa? Che aspetta? Ci avrà ripensato? Che può essere accaduto in così poco tempo da fargli cambiare idea?“
Attimi terrificanti per la paura di perdere il già acquisito.
Il già nostro.
Ma improvvisamente ecco le luci della retromarcia vivere, infonderci di nuovo una speranza.
“Se le ha messe vuol dire che è di parola, che sta andando…“
Ma anche lì il tempo che intercorre dall’innesto della retromarcia al primo micromovimento della vettura è non misurabile con strumenti umani.
Finalmente dopo svariate manovre atte a non deturpare la corrozzeria il lasciante va.... per sempre!
E’ a quel punto che si materializza la dualità che contraddistingue il nostro vivere attuale.
Benedizioni e maledizioni si alternano in egual misura e con identica scansione; soddisfazione per l’esito positivo della ricerca ma al tempo stesso delusione per il tempo perso rivestono la nostra cute; allegria e tristezza si dividono in maniera simmetrica il nostro cuore.
Solo allora senza paura di essere smentiti da alcuno, potremo affermare con oggettività che tutto sommato l’automobile è una gran comodità.

0 commenti:

Posta un commento

Scrivi qui sotto il tuo commento

AddThis

 
;